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Idrossiclorochina, Aifa sì allo studio: 800 volontari

Aifa Redazione DottNet | 10/05/2020 19:44

Capofila Irccs Negrar in collaborazione con Oxford

Via libera dell'AIFA a uno studio in collaborazione con l'Università di Oxford, per indagare se l'idrossiclorochina ha un ruolo di prevenzione dell'infezione negli operatori sanitari. Il farmaco era stato da subito al centro dell'attenzione nel ventaglio dei vecchi farmaci da utilizzare contro il nuovo nemico, il COvid-19, per il quale non c'e' una cura specifica. E la notizia ha provocato anche casi di accaparramento, con conseguenza per i malati di artrite reumatoide che ne debbono fare uso. IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar in provincia di Verona, ora sara' in prima linea nella ricerca. In Italia sono almeno 800 i volontari, tra medici, infermieri e operatori sanitari, gia' arruolati nel mega test, i cui risultati potrebbero arrivare entro l'anno.

L'AIFA ha appena deciso di approvare il più grande studio italiano tra il personale sanitario, il più esposto a rischio d'infezione, per verificare se il suo uso prima dell'esposizione al coronavirus diminuisca la probabilità di ammalarsi. Lo studio COP-COV (clorochina profilassi - coronavirus) promosso dall'Università di Oxford e coordinato dalla sua unità di ricerca in malattie tropicali dell'Università Mahidol di Bangkok (MORU), con 40.000 partecipanti in Asia, Africa ed Europa distribuiti tra circa 100 ospedali, vede come capofila per l'Italia l'IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (VR), in collaborazione con l'Ospedale Careggi di Firenze.I volontari, scelti tra il personale sanitario che si sottoporranno al test, saranno divisi in due gruppi e, a scelta casuale, riceveranno una volta al giorno per tre mesi o una compressa di idrossiclorochina o un placebo.

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La sperimentazione sarà fatta anche attraverso le nuove tecnologie: infatti l'operatore sanitario che parteciperà alla ricerca dovrà tenere su una app un diario sanitario con tutti i valori necessari per il monitoraggio. Periodicamente saranno eseguiti i test sia con il tampone orofaringeo (in caso di insorgenza di sintomi compatibili con l'infezione) sia con i prelievi ematici, per verificare l'eventuale insorgenza dell'infezione. Alla fine dello studio si paragoneranno i tassi di infezione dei due gruppi e si valuterà se il farmaco ha apportato un vantaggio nella prevenzione del contagio o nella gravità dell'infezione.  "Sin dall'inizio della pandemia - conclude Zeno Bisoffi, Direttore Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali dell'IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar e professore associato dell'Università di Verona -. I nostri ricercatori si sono resi disponibili per partecipare a studi nazionali e internazionali".   Ed arriva anche un appello contro l'uso fai da te del farmaco.

Dora Buonfrate, coordinatrice della ricerca e medico infettivologo del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali dell'IRCCS di Negrar, spiega che "la clorochina è un farmaco ben conosciuto, essendo un vecchio antimalarico risalente agli anni '30. Il suo analogo idrossiclorochina è utilizzato in Europa contro malattie autoimmuni, come l'artrite reumatoide e il lupus eritematoso - afferma - In Italia la clorochina e il suo derivato idrossiclorochina, è già stata impiegata off-label in alcuni casi sulla base di una attività antivirale dimostrata in vitro. Ma gli studi clinici sono ancora pochi e i risultati su pazienti, al momento, scarsi". 

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